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BRANDELLI D’ITALIA – Versi politici e civili

Le poesie di questa raccolta sono profili di personaggi italiani contemporanei (politici, magistrati, intellettuali), colti in alcuni aspetti e momenti della loro attività.

Un divertimento letterario più che frutto di un reale sentire dell’Autore, che vede il mondo e la vita umana come un gioco dialettico di Dio (in cui l’uomo non è che uno strumento), nel quale si fronteggiano gli opposti, come il bene e il male, i buoni e i cattivi, i quali altro non sono che astrazioni, categorie della mente umana originate da buono o da cattivo umore.
Ciò che si ricava da quella silloge è che oggi in Italia i politici e gli intellettuali sono sradicati dalla cultura di un tempo, su cui si fondavano i grandi partiti: al posto di quelle radici è subentrato un vuoto, di idee, di progetti, riempito da un repertorio di parole inutili e inconcludenti.

Già nel 1974 in Italia fragile Giuseppe Prezzolino scriveva: “Per salvare l’Italia dal disastro non c’è un solo cenno ai rimedi: si sentono tante proposte, e tutte partono da persone che se ne intendono, ma sono come chiuse in una stanza, abituate alle loro poltrone, e il grave è che non suscitano in nessuna parte del pubblico fede ed entusiasmo».

18,00

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Autore

  • Mario Scaffidi Abbate

    La biografia di Mario Scaffidi Abbate è molto complessa e difficile da ricostruirsi. Sono innumerevoli gli episodi della sua vita, spesso più unici che rari, di cui soltanto nei suoi libri pubblicati e nei suoi scritti vari si può cogliere qualche sprazzo. La sua attività molteplice, di professore, di giornalista, di fondatore, di direttore e vicedirettore di riviste, di critico letterario, di traduttore, di sceneggiatore in diversi programmi della RAI, la sua vocazione per la pittura, per la musica e soprattutto per la poesia, che gli valse molti premi, e persino nel teatro, non si può descrivere in poche parole. In tutti i campi della cultura è stato veramente un personaggio raro. Come un novello Pindaro, “quasi torrente che alta vena preme”, ha scritto versi a non finire, di cui una buona parte, essendo manoscritti, nemmeno nel computer ha potuto riversare. Vale per lui la frase di Olindo Guerrini (citata da lui stesso in uno dei suoi libri, L’antro acherontico) “O manoscritti miei gettati al vento!”.

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