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FRATELLI D’ITALIA – ELEZIONI POLITICHE 2018

In Italia le elezioni politiche e la conseguente formazione del Governo sono sempre state un grande problema. Lo è stato e lo è anche nelle altre nazioni, ma il nostro paese detiene indubbiamente il primato. Perché? Quali sono le ragioni per cui un’operazione che dovrebbe essere semplice diventa invece la più complessa e la più ardua che ci sia? Innanzitutto perché la politica, in quello della vita, è il gioco dialettico per eccellenza, che riguarda non solo i politici ma tutti i cittadini, e poi perché le opinioni sono tante e diverse e risulta difficile trovare un punto d’incontro, una unità e un’unica soluzione. Fra l’altro in Italia i partiti sono sempre stati una marea: dal 1948 in 17 tornate elettorali si sono presentati alle elezioni 380 partiti diversi, con un totale di 558 simboli e una media di 32 partiti per ogni elezione.
Oggi in Italia alle elezioni vota poco più del 50 per cento. Nel giugno del 2013 gl’Italiani che non hanno votato sono stati il 52 per cento e non si capisce perché la Sinistra abbia cantato vittoria e la Destra sia stata considerata sconfitta. La Sinistra avrà pure vinto ma se più della metà degli Italiani non sono andati a votare è evidente che anche lei ha perso molto consenso, anzi, ne ha perso più della Destra, se è vero che gli elettori di sinistra vanno sempre a votare tutti uniti e compatti, e dunque la stragrande maggioranza di coloro che non hanno votato sono più di destra che di sinistra. Che valore ha quindi un simile risultato? Può la Sinistra cantare vittoria solo perché, sulla carta, ha raccolto un consenso maggiore fra meno della metà degli Italiani? Il voto ha un valore relativo quando non votano tutti o almeno un numero ragguardevole di elettori.
E quando votano la metà come orientarsi? Gli elettori che non hanno partecipato alle votazioni partecipano però della vita del Paese, dunque non possono essere ignorati, vanno comunque messi nel conto. E poi, che valore ha un voto dato senza convinzione? O fondato sull’umore, su un moto passionale passeggero, per protesta, per punire chi ci ha deluso, ma che comunque, nel fondo, resta sempre il nostro punto di riferimento? Come si vede un discorso sul voto e sui risultati di una consultazione elettorale è piuttosto complesso e articolato e bisogna andarci cauti prima di cantare vittoria, tanto più quando si dice che quello che conta è il “paese reale”. È assurdo poi da tali risultati trarre la conclusione che ha vinto la Sinistra o la Destra. Andate a stanare gli astensionisti e vedrete qual è fra loro l’ideologia prevalente. Il fatto è che la Sinistra, nei momenti del bisogno, fa quadrato, la Destra no, la Sinistra prende sempre tutte le iniziative, si fa sentire, si fa vedere, mobilita la piazza, organizza convegni, ha uno spazio esorbitante in televisione. La Destra sta a guardare, perché non è un movimento di lotta. Però è maggioritaria.
La Destra ha sempre accettato il confronto con ogni ideologia, è tollerante, nessun suo esponente ha mai detto a quelli della Sinistra: “Io con voi non ci parlo”, “Voi siete impresentabili”, o addirittura “Non avete niente di umano”.
Siamo sempre alle solite. In Italia vincono i partiti, non gl’Italiani. La nostra è una politica fatta di trame, di vendette, di rivalse, oltre che di insulti e di parole al vento. Siamo irrecuperabili. Quello che manca agli Italiani è un uomo forte e deciso, che costituisca un punto di riferimento in cui tutti possano riconoscersi, una stella polare, una guida vera che sappia entusiasmare, accendere negli animi l’amore, non l’odio, per la patria, per la famiglia, per le cose nobili e alte, che riesca veramente a rappresentare tutti e in cui ciascuno possa identificarsi.
Francesco Crispi deplorò un giorno alla Camera l’impossibilità di costituire in Italia un governo qualsiasi a causa delle “risse fra i partiti”, della “disgregazione della compagine nazionale”, della “annebbiata coscienza dell’unità e della stessa ragion d’essere della patria”, e quanto al governo degli ultimi tre anni disse che “aveva nociuto all’Italia peggio che una rotta campale”.
Paolo Orano in Mussolini da vicino, in un capitolo intitolato “Il governo che governa”, dopo avere accennato al disprezzo sistematico che gl’Italiani hanno sempre nutrito verso qualsiasi governo e sostenuto che gli oppositori “spendevano il fiore del loro tempo in manovre di corridoio per rovesciarlo, bocciando qualunque cosa esso pensasse o facesse di buono”, scriveva che anche al più bravo e onesto presidente del Consiglio “non era concesso di provare, con l’assicurata permanenza, che aveva le attitudini per riuscire”, sicché i governi duravano lo spazio di una stagione.
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Luigi e Giovanni

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  • Mario Scaffidi Abbate

    La biografia di Mario Scaffidi Abbate è molto complessa e difficile da ricostruirsi. Sono innumerevoli gli episodi della sua vita, spesso più unici che rari, di cui soltanto nei suoi libri pubblicati e nei suoi scritti vari si può cogliere qualche sprazzo. La sua attività molteplice, di professore, di giornalista, di fondatore, di direttore e vicedirettore di riviste, di critico letterario, di traduttore, di sceneggiatore in diversi programmi della RAI, la sua vocazione per la pittura, per la musica e soprattutto per la poesia, che gli valse molti premi, e persino nel teatro, non si può descrivere in poche parole. In tutti i campi della cultura è stato veramente un personaggio raro. Come un novello Pindaro, “quasi torrente che alta vena preme”, ha scritto versi a non finire, di cui una buona parte, essendo manoscritti, nemmeno nel computer ha potuto riversare. Vale per lui la frase di Olindo Guerrini (citata da lui stesso in uno dei suoi libri, L’antro acherontico) “O manoscritti miei gettati al vento!”.

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