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ITALIANI STRANA GENTE

A dispetto di quel che si legge sul Palazzo della Civiltà Italiana dell’EUR a Roma, oggi gl’Italiani non sono più “un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati e di navigatori: navigano, sì, ma sempre in acque tempestose, senza un nocchiero risoluto e capace. Non dobbiamo però fare di tutta l’erba un fascio: ogni individuo ha una sua personalità e va visto e giudicato nell’insieme, cosa che molti non fanno: si soffermano infatti su un aspetto della persona, quello che gli fa più comodo, per poterne dire peste e corna, o su un solo episodio, e da quello traggono il loro giudizio, che non è ovviamente obiettivo. Non è così che si vede e si giudica la Storia, estrapolandone un solo fatto per esaltarlo o condannarlo, senza guardare tutto l’insieme. La conclusione che si ricava dalla lettura di questo libro è che per cambiare gl’Italiani bisogna prima cambiare l’Italia: un’Italia sana, in tutto il suo corpo, in cui ogni cosa funziona, la politica, la giustizia, l’economia, il lavoro, la sanità, la scuola, l’informazione, la televisione, la sicurezza e così via, può veramente cambiare i cittadini, eliminarne le discordie, gli scontri, ideologici e fisici, in poche parole pacificare gli animi e dare finalmente agli Italiani quell’unità di cui tanto si parla ma che ancora non s’intravede.
(Dalla Prefazione, di Renato Siniscalchi)

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Autore

  • Mario Scaffidi Abbate

    La biografia di Mario Scaffidi Abbate è molto complessa e difficile da ricostruirsi. Sono innumerevoli gli episodi della sua vita, spesso più unici che rari, di cui soltanto nei suoi libri pubblicati e nei suoi scritti vari si può cogliere qualche sprazzo. La sua attività molteplice, di professore, di giornalista, di fondatore, di direttore e vicedirettore di riviste, di critico letterario, di traduttore, di sceneggiatore in diversi programmi della RAI, la sua vocazione per la pittura, per la musica e soprattutto per la poesia, che gli valse molti premi, e persino nel teatro, non si può descrivere in poche parole. In tutti i campi della cultura è stato veramente un personaggio raro. Come un novello Pindaro, “quasi torrente che alta vena preme”, ha scritto versi a non finire, di cui una buona parte, essendo manoscritti, nemmeno nel computer ha potuto riversare. Vale per lui la frase di Olindo Guerrini (citata da lui stesso in uno dei suoi libri, L’antro acherontico) “O manoscritti miei gettati al vento!”.

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