NAVE SENZA NOCCHIERE IN GRAN TEMPESTA
“O Italiani, vi esorto alle storie, perché nessun popolo più di voi può mostrare né più calamità da compiangere, né più errori da evitare, né più virtù che vi facciano rispettare, né più grandi anime degne di essere liberate dall’oblio da chiunque di noi sa che si deve amare e difendere ed onorare la terra che fu nutrice ai nostri padri ed a noi, e che darà pace e memoria alle nostre ceneri”. (Ugo Foscolo, Dell’origine e dell’ufficio della letteratura).
Questo appello, come tanti altri analoghi che l’hanno preceduto nei secoli, a partire da Dante e da Petrarca, è ancora inascoltato da buona parte degli italiani, politici, intellettuali, storiografi, insegnanti e giornalisti della Sinistra (per non parlare dei capi del Governo e dello Stato), i quali non accennano nemmeno alla necessità di un sentimento patrio comune e di una storia condivisa da tutti, perché, come recita persino il nostro inno nazionale, che doveva essere provvisorio ed è rimasto definitivo, noi “non siam popolo, perché siam divisi”, e tali siamo in ogni campo e in ogni occasione, anche nelle scelte più banali.
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