TACCUINO DI GUERRA
Nel libro sono riportati avvenimenti realmente accaduti di cui l’autore è stato protagonista o che ha visto direttamente. Non vi è mescolata cronaca e fantasia. “Prima che divenisse un libro – dice l’autore – questi ricordi erano destinati a rimanere nella sfera degli affetti familiari”. La progressiva scomparsa dei testimoni protagonisti e quindi la perdita di ogni memoria e ricordo e l’assenza degli avvenimenti, anche di qualche vera relazione didattica e non, rendono ancora più difficile qualsiasi storia che si voglia raccontare di quel periodo.
La mancanza assoluta di qualsiasi iniziativa, rende, col passare del tempo, ancora più difficile ogni ricerca. Ecco perché l’autore continua a parlare di quella guerra: ricordare – che cosa ricordare – come ricordare – perché ricordare e condannare il conformismo e l’indifferenza. Senza memoria non c’è cultura, non c’è civiltà, non c’è umanità. Non c’è storia. La memoria è vita, la memoria è storia e la storia di Castelforte riguarda tutti, anche i morti dimenticati.
Storici o pseudo storici di ogni grado non possono, né debbono o dovrebbero essere i soli depositari della memoria.
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