STORIA DELLA CULTURA DIALETTALE E DEI POETI CALABRESI DALLE ORIGINI A OGGI
I poeti calabresi si sono sempre presentati nei loro versi e nei loro scritti sferzanti, profetici e romantici, perchè la miseria, la povertà, la disoccupazione, l’ignoranza, l’emigrazione, i figli in tenera età, l’amore contrastato o disonorevole, la gelosia, costituivano sempre lo sfondo per ribellarsi alle ingiustizie sociali, allo sfruttamento, alla violenza dei potenti, al dissenso che diventava in ogni governo un mezzo di persecuzione e di fuga.
La Calabria era un territorio dove non era facile fare il Monarca, perché questa parte del Regno è stata sempre difficile da gestire. Persino Alfonso d’Aragona nel XVI secolo sosteneva che se avesse dovuto regnare solo sul territorio calabrese avrebbe preferito non fare il Re. Ed altri ancora che sostennero che dopo aver saputo governare la Calabria, sarebbero stati in grado di regnare su qualsiasi altro territorio.
Queste dichiarazioni non sono elogi, ma demeriti che vanno a noi calabresi ancora oggi.
Però in Calabria, dai tempi degli Aragonesi ai nostri giorni, la lotta si è perennemente ampliata, e così la rivolta dei baroni, la crociata sanfedista, la lotta contro i francesi nel decennio napoleonico, la discesa dei piemontesi, la lotta al brigantaggio, la spartizione delle terre, l’emigrazione, intesa come liberazione da uno stato di schiavitù feudale, la mafia, l’inerzia politica sono state sempre causa di ribellione e di guerre fratricide.
Ma se i movimenti politici creavano rivoluzioni ed associazionismo settario, dall’altra vi erano i poeti che nella raffigurazione romantica dell’evento o del fatto, diventavano sferzanti ed insofferenti.
Su questi cenni è fondata la nostra Storia e la nostra Cultura calabrese, sono argomenti di grande sofferenza e tristezza, ma l’atmosfera non può essere chiassosa ed allegra se il clima è stato sempre avvolto in un alone di povertà, di addii o di morte.
L’Unità Italiana, nella diversità delle mentalità e dei rispettivi regnanti all’epoca esistenti, fece nascere una diversa coscienza nazionale, divenne rivoluzione verso una nuova e differente fede politica, più universale ed allargata, perché era ormai finita la mentalità secolare degli “Staterelli” e delle lotte per la conquista del territorio del vicino nemico o dello Stato Pontificio.
Anche la figura della donna, messa sempre ai margini della Società e considerata una fattrice e schiava del padrone, del padre o del marito, nella cultura dei poeti calabresi viene celebrata come eroica, forte, ma anche “garbusa e ‘ngalipata”, cioè garbata e precisa, giudiziosa e risparmiatrice, in grado di portare avanti la casa anche in assenza del Capofamiglia.
Così su questi temi sorgeva un nuovo spirito poetico e con esso la fantasia popolare si sviluppava positivamente e diveniva romantica, elegiaca e più sensibile verso la donna.
Purtroppo non tutti i poeti ricordati da Martino erano alletterati ed istruiti, vi sono stati in Calabria anche poeti solitari, analfabeti o quasi, che con la loro cultura sofferta, di vita quotidiana, profonda ed atavica, hanno saputo scrivere, dettare, a chi sapeva usare la penna, ed esternare, nei loro momenti di malinconia e di riflessione, i loro sublimi pensieri.
Oggi, molti dei poeti calabresi si presentano nostalgici del passato e ricordano, le tradizioni perdute, i valori ormai scomparsi, le vissute emozioni delle famiglie durante le feste, i ricordi indelebili vissuti con le persone scomparse, la ricchezza dei sentimenti e la povertà che portava felicità e fiducia nella Provvidenza.
Ai nostri giorni c’è da preoccuparsi perchè v’è una maggiore povertà, che è superiore a quella dei tempi passati, in quanto un tempo il contadino era povero sì, però poteva, quando aveva fame, staccare dall’albero un frutto e così si sfamava.
Nella società moderna, invece, chi è povero, nel deserto della disoccupazione e della crisi economica, vive veramente in un profondo stato di disperazione.
Esaurito