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Fasti e Nefasti di Roma Antica

Premessa

Partito da un tema specifico fondato sull’astrologia e sugli influssi degli astri nella storia di Roma antica, questo libro, via via che ne tessevo la tela, è andato sconfinando anche in altri campi, con notizie e riflessioni di carattere filosofico e religioso riguardanti, ad esempio, la Creazione, il fato e il libero arbitrio. Sono così germogliati dei capitoli che rispetto al nucleo centrale si sono disposti – per restare in tema – come i pianeti intorno al Sole, aventi ciascuno una sua particolare peculiarità. Che fare, alla fine? Buttar via quel materiale, per utilizzarlo magari in un altro libro? E quando? Con la spada di Damocle che pende sul mio capo? Allora, non senza un certo rincrescimento, ho eliminato da quei capitoli tutto ciò che mal si conciliava col tema centrale (comprese non poche riflessioni e argomentazioni addotte a sostegno di certe mie tesi), ricavando da quel che restava una Introduzione che magari potrà sembrare un po’ lunga e digressiva, ma che al lettore – spero – non dispiacerà, perché, come diceva Dino Provenzal, “se un libro contiene qualche cosa più di quanto il titolo non prometteva non è male: male sarebbe il contrario”.

 


 

L’idea di dividere o di distinguere i giorni in fasti e nefasti, cioè favorevoli e sfavorevoli, nacque, nell’antica Roma, dalla credenza che tutte le cose, così come tutti gli esseri viventi, avessero un’anima (animismo). Tale credenza sarebbe derivata dal sogno, cioè dal convincimento che in quella dimensione (ma anche in altre condizioni analoghe, come in certe forme di malattie, quale l’epilessia) il proprio “io” si stacchi dal corpo e viva un’altra vita. Quella prerogativa sarebbe stata attribuita anche agli animali, alle piante e a tutti gli oggetti inanimati. Non riuscendo a spiegarsi ciò che gli accadeva, l’uomo ritenne che i fenomeni e gli avvenimenti fossero causati da forze oscure, dotate di una volontà, e che perciò egli dovesse cercare di propiziarsi quelle forze misteriose mediante pratiche particolari, quali la magia, la stregoneria, i talismani e i tabù. Tali forze sarebbero state poi personificate, dando luogo al politeismo e successivamente al monoteismo.

I Romani possedevano una specie di manuale in cui erano scritti i nomi, le prerogative delle divinità e le formule necessarie per propiziarsele o per tenerle lontane. Erano i cosiddetti indigitamenta (da indu – agere, “agire dentro”), un “rituale” contenente i nomi e le formule sacrali con cui s’invocavano le divinità per propiziarsele, al fine, per esempio, di ottenere in una guerra la vittoria, che in quel caso era definita un fas, mentre la sconfitta sarebbe stata un nefas, cioè una cosa nefasta, contraria, funesta. In realtà fas significava “lecito” e nefas “illecito”, e negli indigitamenta erano appunto indicate le cose che in giorni determinati si potevano o dovevano fare e che in altri giorni non si potevano o non si dovevano fare. Fu così che, nell’antica Roma, nacque il calendario, il cui nome deriva dalle calendae, il primo giorno del mese.

 

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Autore

  • Mario Scaffidi Abbate

    Mario Scaffidi Abbate è nato a Brescia il 18 gennaio del 1926. Ingegno precoce e molteplice, fin da bambino ha mostrato predisposizione per la poesia, per il disegno e per la musica: a cinque anni cominciò a studiare il violino, sostituito in seguito dal pianoforte, nel 1936, avendo ascoltato dalla viva voce del Duce, vestito da balilla e inquadrato nel suo plotone, la proclamazione dell’Impero, scrisse su quell’avvenimento alcuni versi che il padre fece pervenire a Mussolini, il quale volle conoscerlo e gli strinse la mano nella famosa Sala del Mappamondo, a Palazzo Venezia. Di lì a sette mesi scrisse un’altra poesia dedicata a Giuseppe Bottai, in occasione della sua nomina a ministro dell’Educazione Nazionale, il quale gl’inviò una lettera di ringraziamento.

    Nel corso della sua carriera scolastica ha saltato tre classi: la quinta elementare, la seconda del ginnasio e la terza del liceo classico. A dodici anni vinse il primo premio in un concorso internazionale di pittura con un acquerello rappresentante una dama e un cavaliere. A Palermo ricevette la medaglia d’argento per aver riportato la migliore votazione fra tutti gli alunni della scuola, al liceo “Galileo” di Firenze ebbe fra i compagni di classe Giovanni Spadolini, nel settembre del 1943, ad Orvieto, si arruolò come legionario nei Battaglioni M della RSI.

    Ha esordito nella letteratura e nel giornalismo nel 1946, scrivendo articoli per il Corriere di Calabria e il Giornale di Sicilia e tenendo conferenze in due associazioni, la LI.AS.GO. (Libera Associazione Goliardica), di cui dirigeva il settore culturale, e la F.I.L.I (Federazione Italiana Liberi Intellettuali). È stato istitutore assistente al Convitto Nazionale “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria e nel 1947 ha pubblicato un saggio, Sopra un’ode di Orazio, e un poemetto, La Virtù, in cui descriveva le discordie del nostro paese. Ha fatto parte della compagnia teatrale della città, debuttando come protagonista nella Locandiera e in Due dozzine di rose scarlatte e partecipando, nel 1948, ad un concorso al teatro “Rossini” di Pesaro come protagonista in Romanticismo di Girolamo Rovetta, piazzandosi, come singolo attore, al primo posto e ottenendo il plauso della giuria, presieduta da Anton Giulio Bragaglia.

    Conseguita la laurea in Lettere classiche nel 1948, ottenne una supplenza al Convitto Nazionale “Cesare Battisti” di Lovere, quindi al Convitto Civico di Castiglione delle Stiviere (in cui ebbe come alunno il futuro attore Mario Maranzana) e successivamente l’incarico al Convitto Nazionale di Roma, finché, vinto il concorso, ottenne la cattedra d’italiano e latino nei licei statali, mantenendo tuttavia alcune ore al Convitto Nazionale, in cui rivestì quasi sempre l’incarico di vice preside (e per un anno di preside alla scuola Media), nonché quello di segretario del Sindacato del Convitto Nazionale, contribuendo, insieme con un onorevole, alla statalizzazione delle scuole in tutti i Convitti Nazionali e all’accesso, come alunne esterne, anche alle donne.

    Ha collaborato per una trentina d’anni a diversi programmi radiofonici della RAI, leggeri, diretti da Luciano Rispoli (Gli amici delle 12, Cronaca minima e Girasketch), e culturali, diretti da Giovanni Gigliozzi e Giulio Cattaneo, con sceneggiati originali, di carattere storico (Le svolte della Storia, I grandi antagonisti, Al tempo di…) e linguistico (La parola alla parola! e Parole alla sbarra, in cui, primo e forse unico al mondo, ha dato voce alle parole stesse raccontandone la storia, e da cui Luciano Rispoli, plagiandolo, trasse la trasmissione televisiva Parola mia). Sempre per la RAI ha collaborato alla Terza Pagina del settimanale televisivo Trentaminuti giovani, ha recensito più di cento libri per la rubrica Libri ricevuti, con interviste ad alcuni degli autori, fra cui Salvator Gotta, Ungaretti e Bevilacqua. Contemporaneamente ha collaborato a due riviste, sempre della Rai, Sintonia e La radio per le scuole.     Ideatore di uno ‘sposalizio’ della poesia con la musica anche nell’insegnamento, è stato intervistato per la Rai da Pippo Baudo e Oreste Lionello nel corso di una sua lezione su Leopardi, mentre recitava il Canto notturno accompagnato dal Chiaro di luna di Beethoven.

    Lasciata la Rai, perché richiesto di iscriversi al Partito Socialista (c’era al Governo Craxi), ha svolto la sua attività presso altre reti televisive, realizzando programmi per la TEF di Perugia (fra cui Parola spia: fuori il verso! e rEstate con noi con Oreste Lionello) e partecipando ai dibattiti culturali di Teletevere e di Televita.

    Ha fatto parte del “Comitato Ministeriale per la salvaguardia della lingua italiana” (insieme a Tullio De Mauro e Giovanni Nencioni), ha scritto articoli per diversi giornali e riviste, fra cui Telesera, il Tempo, il Secolo, il Giornale d’Italia, Voce Romana, Umanesimo del lavoro e Ieri, oggi e domani. Ha collaborato alla “Grande Enciclopedia di Roma” con la voce “Imperatori”.

    Accademico Tiberino e membro della Norman Academy, ha ricevuto premi e riconoscimenti, fra cui il Premio Nazionale Excelsior, il Premio Nazionale Roma Alma Mater, il Premio Alma Pales, il Premio Excellence Award per il Giornalismo e il primo premio in un concorso internazionale per la poesia col volumetto Elogio della Follia. Ha diretto il periodico CULTURA (organo dell’Istituto Europeo per le Politiche Culturali, di cui era vice presidente) e il Conciliatore nuovo da lui fondato al fine di contribuire alla conciliazione degli Italiani, è stato vicedirettore della rivista bilingue MyTime, e attualmente collabora al quotidiano l’Opinione e a due riviste giuridiche, Foro Romano e Temi Romana. Ha coltivato anche la musica e pubblicato un disco con l’editrice Fonola, contenente due canzoni trasmesse dalla Rai.

    Ha al suo attivo un centinaio di pubblicazioni, senza contare i libri che sono rimasti inediti perché troppo intimi e personali. Fra quelli pubblicati, costituiti da romanzi, saggi, poesie, testi teatrali e traduzioni, i più importanti, oltre ai primi due sopracitati, sono: Caos, La scuola di Babele, Italieide, Matureide, Il mitico numero 7, L’Italia dei Caffè, (recensito su due reti della Rai con intervista all’autore e di cui è andato in onda un suo sceneggiato televisivo su Rai Uno), Il mondo dello yoga, Avanti march!, Elogio della saggezza (che gli è valsa la partecipazione al programma Uno mattina della Rai), Il mistero del Cristo senza croce, Le porte dell’Infinito, Il Signore si diverte, La grande bellezza degli Italiani, Lettera a una scolaresca, Brandelli d’Italia, Il Fascismo in presa diretta, I gloriosi Caffè storici d’Italia, La gatta (Anatomia d’un amore), Perdonami, papà, Fratelli d’Italia (Elezioni politiche 2018), la Bibbia in versi endecasillabi, sfrondata del superfluo, con una ricca introduzione critica, Convittiade, Italiani strana gente (in collaborazione con Arturo Diaconale), La nascita dell’Universo (una visione scientifica di Dio e della Creazione), “Nave senza nocchiere in gran tempesta” (storia d’Italia in versi dalle origini ai giorni nostri), Togliamo Cristo dalla croce (un romanzo su Michelangelo), I grandi mali della Santa Chiesa, La Divina Tragedia, In principio era la Parola (la Genesi a modo mio), Il calvario di un povero cristo alla ricerca di Dio, A te l’ultimo canto, Orestiade, Povera e nuda vai, o Poesia. Fra gli sceneggiati: Robinson degli oceani, Giovanna alla riscossa, Una storia vera, Robinson Crusoe, I Promessi sposi, Le mie prigioni, Sigmund, l’eroe vikingo.

    Per la Newton Compton ha tradotto e pubblicato: Tutte le opere di Orazio, l’Eneide (di cui è stata messa in scena una drammaturgia), le Bucoliche e le Georgiche, Le commedie di Terenzio (in versi), Tutte le opere di Seneca, Il fato e La superstizione di Plutarco e, sempre dello stesso autore, Consigli per i politici, L’arte di saper ascoltare e, dalle ‘Vite parallele’, Alessandro e Cesare, Demostene e Cicerone, Pericle e Fabio Massimo. Inoltre l’Orator di Cicerone, le Metamorfosi di Ovidio (in versi) e i Pensieri di Marco Aurelio. Tutte le traduzioni sono state ristampate via via in nuove edizioni, anche in e-book, dalla stessa casa editrice e alcune di esse da Mondadori, Rizzoli, Rusconi e Fabbri.

    Ha elaborato e messo in scena con Oreste Lionello tre commedie per il teatro (in cui ha debuttato anche nelle vesti degli autori): le Nuvole di Aristofane, l’Eunuco di Terenzio e Oblomov. Ha sostenuto la parte del Narratore (con testi suoi originali di contenuto storico e letterario) nella parodia musicale Il Gobbo delle Nostre Dame e in 30 anni di clamorosi successi (coi “Pandemonium”), offrendo anche al divertimento il suo contributo culturale.

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