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LA DIVINA TRAGEDIA

Il titolo e il contenuto di questo poemetto richiamano la Divina Commedia di Dante, ma doppiamente rovesciata, sia perché si tratta di una tragedia, sia perché il viaggio ideale e spirituale (dell’Autore, insieme a quello di Dio) parte dal Paradiso, cioè dalla dimensione assoluta e beatifica di Dio, non dall’Inferno.

Per Dio, infatti, la Creazione è stata anche una sofferenza, come lo è nell’uomo, e come lo è stata soprattutto in Cristo, che è Dio stesso nell’aspetto di Figlio, ma non “distinto” dal Padre. La Trinità, secondo l’Autore (e anche questa è una novità), è costituita: dalla Divinità, energia nel suo stato sottile, invisibile e impersonale, da Dio, Creatore e Intermediario, e dall’Uomo, che è sempre Dio nella sua veste umana

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Autore

  • Mario Scaffidi Abbate

    La biografia di Mario Scaffidi Abbate è molto complessa e difficile da ricostruirsi. Sono innumerevoli gli episodi della sua vita, spesso più unici che rari, di cui soltanto nei suoi libri pubblicati e nei suoi scritti vari si può cogliere qualche sprazzo. La sua attività molteplice, di professore, di giornalista, di fondatore, di direttore e vicedirettore di riviste, di critico letterario, di traduttore, di sceneggiatore in diversi programmi della RAI, la sua vocazione per la pittura, per la musica e soprattutto per la poesia, che gli valse molti premi, e persino nel teatro, non si può descrivere in poche parole. In tutti i campi della cultura è stato veramente un personaggio raro. Come un novello Pindaro, “quasi torrente che alta vena preme”, ha scritto versi a non finire, di cui una buona parte, essendo manoscritti, nemmeno nel computer ha potuto riversare. Vale per lui la frase di Olindo Guerrini (citata da lui stesso in uno dei suoi libri, L’antro acherontico) “O manoscritti miei gettati al vento!”.

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