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ALLE FONTI DELL’ETICA – religione, diritto, politica, scienza, economia
Un saggio di Karol Wojtyla, pubblicato per la prima volta in polacco nel 1969 e in seguito rieditato e tradotto, porta il significativo titolo di “Persona e atto”, con l’intento di esaminare in profondità il legame importante tra i due termini: da una parte, l’atto «rivela» la persona e ne fornisce, per così dire, una certa possibilità di conoscenza; dall’altra, l’atto «realizza» la persona, la quale traduce nel suo agire il proprio «essere», le proprie convinzioni e scelte, e, al contempo, ha la possibilità di «divenire», di crescere, di cambiare, di diventare o meno migliore attraverso la bontà dei suoi atti.
Se è vero che «l’etica è il comune denominatore di ogni forma dell’agire e del pensiero umano» – come scrive l’autore del Libro “Alle fonti dell’etica” – è vero che ogni domanda sulla stessa etica nasconde, e manifesta, una domanda essenziale, alla quale non ci si può in nessun caso sottrarre: la domanda sull’uomo, sulla persona umana.
Si tratta della domanda più delicata ed entusiasmante che abbia mai attraversato la storia del pensiero, la riflessione dei filosofi, la meditazione delle religioni, la ricerca di ogni creatura, anche dei giovani e dei bambini. Una domanda che porta la riflessione a livelli di profondità e onestà intellettuale, come pure di umiltà e semplicità, ma che non tollera riduzionismi e superficialità.
La crisi dell’etica, di cui oggi spesso si parla, è la crisi di questa domanda, che genera, e giustifica, azioni pericolosamente vuote di valori e, non di rado, lesive del valore dell’essere umano, della vita umana. Un esempio eloquente è il fenomeno della corruzione, più volte indicato da Papa Francesco come una sorta di punto di non ritorno e di cui il nostro testo denuncia il dilagare, aggiungendo come, forse anche per tale ragione, tante discipline, nonché tanti ambiti del mondo politico, sociale, militare, abbiano in questi ultimi anni avvertito il bisogno di darsi dei “Codici”, a tutela del bene pubblico e dei singoli cittadini. E il bene non è un concetto teorico, e come tale relativizzabile, ma ha bisogno di misurarsi sul valore oggettivo e sulla centralità della persona umana, di ogni persona umana, quali che siano le fasi e le condizioni della sua vita.
Ecco che la domanda sull’etica invoca, anzitutto, la riflessione seria sull’antropologia, chiedendo di guardare alla persona umana nella sua integralità di corpo, spirito, mente e psiche; nella sua unicità insostituibile, scritta già dal primo istante nel DNA di ogni cellula; nella sua apertura alla relazione e alla trascendenza, nella sua vocazione all’amore e nel suo anelito a quella libertà che mai può travalicare i limiti della libertà altrui né della verità, che la precede e deve illuminarne il giudizio di coscienza.
L’etica, infatti, suppone la verità; una verità non creata dall’uomo, non subordinata a interessi e preferenze individuali, non appannaggio dei potenti o dell’opinione delle maggioranze, ma da cercare, attentamente e umilmente, nella legge morale naturale, universale e immutabile, che esprime la dignità della persona e ne definisce diritti e doveri, ispirando norme di comportamento e leggi civili.
Sempre più spesso, tuttavia, le stesse leggi civili vengono formulate esclusivamente in base a rivendicazioni di diritti, dimenticando i doveri e le responsabilità e diventando, inevitabilmente, affermazione del volere dei più forti; e sempre più spesso, nel nostro tempo, l’agire umano diventa luogo di espressione dell’emotività dell’individuo e dei suoi bisogni assolutizzati, quando non della sua istintività… Si crea così, potremmo dire, la possibilità di uno scollamento tra persona e atto per cui, nell’atto, la persona non si manifesta e non si realizza nella sua integralità e bellezza ma traduce una parzialità che la penalizza, frutto del materialismo, dell’edonismo, dell’individualismo e del relativismo imperanti.
Come uscire da questa sorta di circolo vizioso, da un problema apparentemente irrisolvibile? Occorre riattivare il pensiero, la capacità di pensare, stimolando, soprattutto nelle nuove generazioni, un’attitudine critica in grado di interrogarsi, a partire dalla ricerca del bene della persona umana, circa l’eticità di ogni scelta, sia essa operata nei campi della cultura, della scienza, della politica, della religione… Occorre risvegliare la cura dell’introspezione, indispensabile per ascoltare la voce della coscienza, rintracciandovi la ragione profonda delle proprie decisioni…
Occorre richiamare al senso di responsabilità, a cui la libertà conduce, per non dimenticare come ogni azione, anche quella relativa alla sfera privata della vita, abbia sempre una ricaduta non solo sul vissuto personale ma sull’intera comunità umana.
La domanda sull’etica diventa, pertanto, domanda sociale e culturale e va continuamente riproposta, nei diversi settori della vita: è lo scopo e il valore del lavoro svolto in queste pagine.
E la domanda sull’etica diventa, alla fine, una domanda educativa, nel senso etimologico più puro: esige di non infondere, magari anche forzatamente, le proprie convinzioni sulle coscienze altrui ma di aiutare l’uomo a tirar fuori la legge scritta nel proprio cuore. Legge che nessuno si può dare da solo ma che ogni creatura umana riceve e nella quale – lo sappia o no – può attingere luce e forza per fare, dei propri atti, un luogo di manifestazione della propria dignità e bellezza, una strada di realizzazione di se stessa e della propria vocazione all’amore, ritrovando così, “alle fonti dell’etica”, la sorgente da cui scaturisce il senso della vita e la felicità umana.
Santo Marcianò
Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia
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